Libertà di stampa

15 novembre 2018

Left, settimanale edito da Matteo Fago e diretto da Simona Maggiorelli, sarà in edicola dal 16 al 22 novembre con una copertina disegnata da Vauro e dedicata alla libertà di stampa.

Roma, 15 novembre 2018 - L’incipit che introduce l’articolo 21 della Costituzione Italiana parla chiaro: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

E aggiunge proseguendo che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”, al fine di mantenere intatto quel ruolo vitale che ricopre in un qualsiasi contesto democratico.

Lo ha ribadito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a seguito degli attacchi da parte di ministri e portavoce di governo, e lo ribadisce con costanza chiunque faccia informazione o satira in questo Paese: ne ha scritto Vauro, che firma un corsivo di denuncia su Left, e ne parlano tutti i giornalisti che lavorano ad inchieste scomode e subiscono con preoccupante regolarità perquisizioni, querele, minacce e intimidazioni che mirano a farli desistere.

Il tema da dibattere appare sempre meno legato allo storico rapporto tra stampa e potere, mentre la relazione che va affrontata è probabilmente quella tra il dissenso e le libertà democratiche.

In oltre trent’anni di storia italiana, chiunque abbia cercato di scovare notizie e fare informazione senza soggiacere alle logiche di potere è stato puntualmente attaccato, denigrato, svilito nella sua indispensabile funzione democratica.

Le dinamiche sempre più rapide di internet hanno inoltre reso necessario un innalzamento progressivo ma continuo dell’asticella degli insulti, così come richiesto dalla velocità del web per fare sì che una dichiarazione diventi notizia e non finisca nel dimenticatoio in tempi troppo brevi.

La vera novità è che gli attacchi più violenti alla stampa arrivano oggi da alfieri e paladini dell’antipolitica, che godono di una visibilità ridotta a causa del monopolio delle tematiche xenofobe e sono sempre alla ricerca di un nuovo capro espiatorio: non più la classe politica, dei quali sono ormai parte integrante, ma tutti quegli organi intermedi che hanno il compito di analizzare e decifrare la complessità.

Tra sindacati e altri soggetti avversi, il bersaglio prediletto rimangono principalmente gli organi di informazione; gli ultimi insulti in ordine cronologico sono stati indirizzati alla stampa da parte di uno dei maggiori esponenti del Movimento 5 Stelle, Alessandro Di Battista, che ha definito i giornalisti “pennivendoli e puttane”, e ancora “infimi sciacalli”.

Difficile dunque trovare un momento più favorevole per gettare ulteriore discredito sulla categoria, stroncando a suon di leggi tutti i finanziamenti pubblici destinati all’editoria.

Come ricorda su Left la segreteria di Stampa romana, il sindacato dei giornalisti della regione Lazio, “il governo ha intrapreso una strada che lo porterà a un disimpegno rapido, considerando i 50 milioni di sostegno alla stregua di spesa pubblica improduttiva. Noi sosteniamo il finanziamento pubblico all’editoria perché crediamo che sia un interesse pubblico e costituzionale avere leve di crescita del pluralismo e della capillarità informativa”.

Oltre al problema della salvaguardia dei posti di lavoro, che potrebbero andare persi a migliaia, si viene a creare ogni giorno di più un problema di carattere etico.

Il giornalista che con la sua professione cerca di stimolare il pensiero critico, viene percepito come elemento di disturbo da parte del sistema di potere, che per porre limitazioni può ricorrere a due strade differenti – ma che conducono tuttavia alla medesima deriva autoritaria: l’insulto gratuito o il totale azzeramento di fondi e risorse destinati a chi fa informazione.

Da domani in edicola.

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