L’impronta indelebile di un gigante moderno, Nelson Mandela

17 luglio 2018

Left, rivista settimanale edita da Matteo Fago e diretta da Simona Maggiorelli, dedica la copertina del nuovo numero (in edicola fino a giovedì 19 luglio) all’attivista e leader rivoluzionario Nelson Mandela per celebrarne i cento anni dalla nascita, avvenuta nel villaggio sudafricano di Mvezo il 18 luglio 1918.

Roma, 17 luglio 2018. L’occasione fornita dall’anniversario è fondamentale per approfondire la figura del Madiba - soprannome onorifico e di riconoscenza conferitogli all’interno dell’etnia Xhosa, il suo clan di appartenenza, e che è presto divenuto sinonimo della sua stessa persona: dalla lezione umana al lascito politico e culturale, la sua esperienza storica si rivela del tutto attualissima, in quanto legata a doppio filo ad un Sudafrica sempre più controverso e tuttora immerso in pesanti contraddizioni.

E’ questo il punto chiave che ispira l’editoriale di Left a firma di Simona Maggiorelli, nel quale si indagano le visioni sociali e gli obiettivi che hanno guidato Mandela attraverso la lotta per quella libertà che lo ha costretto a scontare 27 anni di carcere duro, durante i quali non è tuttavia mai venuta meno la sua determinazione nel combattere per favorire il cambiamento di una realtà ingiusta e profondamente razzista.

Sin dai trascorsi come giovane avvocato, infatti, il suo impegno civile si è indirizzato sul contrasto alla segregazione razziale dilagante in Sudafrica (in seguito passata alla storia come legge di Stato sotto il nome di “apartheid”), istituita nel 1948 e poi protratta fino ai primi anni novanta da governi mossi dall’ideologia del suprematismo bianco a discapito del popolo africano.

Le sue battaglie ne hanno fatto un personaggio di rilievo mondiale, al punto di eleggerlo a vera e propria icona tra le più importanti dell’immaginario collettivo del ventesimo secolo.

Ma creando icone, come ricorda il giornalista e storico britannico David Broder proprio sulle pagine di Left, si corre spesso il rischio di “svilire il contenuto politico di una lotta”, e andare oltre alla mitologia costruita attorno alla sua personalità è un’operazione imprescindibile per comprenderne il messaggio e la sua portata.

E’ infatti bene non dimenticare come, soltanto nei recenti anni ’80 e in concomitanza con la massima campagna mediatica a favore della sua scarcerazione, il Madiba fosse non di rado dipinto al pari di un autentico terrorista da alcune fazioni politiche.

Il caso più celebre è rappresentato dai giovani rappresentanti del partito conservatore del Regno Unito, che in più occasioni indossarono magliette inneggianti alla “impiccagione” di Mandela, a cui fece seguito Margaret Thatcher – che 1987 attaccò apertamente il leader sudafricano e il suo movimento politico, definendolo “un’organizzazione terroristica” come l’Ira o l’Olp.

Il suo cammino verso la libertà non è dunque stato privo di ostacoli.

Ma cosa permane oggi, in Sudafrica, del processo democratico avviato da Nelson Mandela come Presidente?

Raphael D’Abdon, docente all’Università di Pretoria, racconta su Left gli aspetti di una rivoluzione arrestatasi a metà strada, incompiuta perché non in grado di stimolare una spinta reale verso obiettivi imprescindibili come l’equa distribuzione della ricchezza.

Le attuali generazioni, troppo giovani per aver patito sulla propria pelle il dolore dell’apartheid, devono nonostante tutto proseguire la propria battaglia contro povertà e discriminazioni le quali, unite all’assenza di speranza verso un futuro migliore, infondono un clima di sfiducia e disincanto estremamente diffuso: ne è testimonianza piccola ma simbolica il silenzio dei giovani poeti nei confronti del Madiba.  

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