Gratis non è lavoro

04 ottobre 2018

Left, settimanale edito da Matteo Fago e diretto da Simona Maggiorelli, dedica alla tematica del lavoro la copertina del nuovo numero della rivista, in edicola dal 5 all’11 ottobre con il titolo “Gratis non è lavoro”.

Roma, 4 ottobre 2018 - Negli ultimi anni abbiamo assistito a dei cambiamenti radicali nel modo concepire il lavoro e la sua articolazione, al punto di considerare naturali, fisiologiche ed immutabili quelle dinamiche che oggi lo caratterizzano in modo stabile.

Se è vero che la concezione gratuita dell’attività è in qualche modo insita nel sistema sociale capitalistico, si pensi alla ricattabilità e vulnerabilità del lavoratore costretto a prestare ore di lavoro aggiuntive e straordinarie non retribuite in cambio del mantenimento del posto di lavoro, siamo tuttavia di fronte ad una evoluzione ulteriore.

L'istituzionalizzazione del lavoro non retribuito 

Il lavoro gratuito tout court, quello che non prevede alcuna remunerazione per statuto, rappresenta oggi un fenomeno particolarmente preoccupante e radicato nella mentalità collettiva e farne le spese, come spesso accade, sono le fasce più deboli e meno garantite: giovani, immigrati, disoccupati, e nuovi poveri pronti a tutto.

Dal punto di vista burocratico, queste forme di lavoro hanno assunto una maschera di progressiva istituzionalizzazione sempre più marcata – fatta di leggi, protocolli e circolari che hanno gradualmente modificato in profondità l’ideologia stessa che sottende questo modus operandi.

Coloro che si sono ribellati a questa interpretazione dei fenomeni economici e sociali della contemporaneità, a metà strada tra il lavoro a scadenza e quello gratuito, sono stati etichettati come “choosy” e “bamboccioni” dai precedenti esecutivi di governo, quasi a sottintendere che la disoccupazione altro non è che una condizione volontaria, una scelta attiva del soggetto.

I bandi ministeriali per lavori non retribuiti 

I casi più emblematici sono quelli riportati da Marta Fana, che firma la storia di copertina del nuovo numero di Left, tutti risalenti ai tempi dell’Expo milanese del 2015 – quando le parti sociali firmarono un accordo per il volontariato di 18mila persone - ed agli anni immediatamente successivi: “nel 2016, il Viminale, guidato allora dal ministro Alfano, pubblicò un bando per «il conferimento a titolo gratuito di incarico di prestazione di lavoro autonomo occasionale per lo svolgimento delle attività di Comunicazione per le esigenze del Dipartimento per le libertà civili l’immigrazione». Non era ancora costume invocarlo con tanta naturalezza e infatti a seguito delle critiche giunte il ministro replicò: «Nessuno costringe nessuno. Vediamo se qualcuno vuol dare una mano d’aiuto in questo modo, viceversa prenderemo atto che nessuno ha voglia».

Il Viminale aveva già pubblicato un bando identico nel 2014, e lo stesso capitò ai Vigili del Fuoco e all’allora ministro della salute Beatrice Lorenzin, che in occasione del contestatissimo Fertility Day dichiarò di non aver utilizzato risorse pubbliche per la realizzazione grafica del progetto, ma di essersi avvalsa di creativi e lavoratori disposti ad offrire gratuitamente le proprie prestazioni.

Quelli che sembravano essere casi isolati, oggi non lo sono più.

Al contrario: l’imposizione di questa filosofia arriva dai ranghi istituzionali, da quella stessa classe politica che ha stabilito per legge l’introduzione di modelli lavorativi come l’alternanza scuola-lavoro per gli studenti e i contratti a tempo, che tanta instabilità continuano a creare nel tessuto sociale ed economico del Paese.

E rendere coscienti i giovani che le competenze si pagano e il lavoro non è mai gratuito, rischia di rivelarsi un’irrealizzabile e tardiva utopia. 

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