Mi ricordo promesse verdi

06 dicembre 2018

“Mi ricordo promesse verdi”: è questo il titolo di copertina del nuovo numero della rivista Left, settimanale edito da Matteo Fago e diretto da Simona Maggiorelli, in tutte le edicole dal 7 al 13 dicembre.

La data dell’8 dicembre rappresenta per tutta la Val di Susa una ricorrenza molto particolare: quello stesso giorno, nel 1943, una pattuglia di partigiani si è data appuntamento per giurarsi di non cessare la lotta contro l’occupante nazista e il governo fascista fino alla avvenuta liberazione.

Esattamente sessantadue anni, nella stessa vallata, la popolazione locale si è attivata per tentare di allontanare un altro occupante, questa volta sprovvisto di carri armati ma dotato di ruspe, gru e macchinari da lavoro.

Sono queste le strumentazioni necessarie alla realizzazione della TAV, la linea ferroviaria ad alta velocità destinata al trasporto merci ed ordinata in concomitanza dal governo italiano e da quello francese.

Quella che viene definita una grande opera moderna e di progresso, rischia in realtà di rivelarsi un disastro economico e ambientale di enormi proporzioni, se si considera che il costo complessivo si aggira attorno agli 11 miliardi di euro e l’attuale linea merci risulta del tutto sottoutilizzata.

L’accordo bilaterale tra Italia e Francia non prevede inoltre alcun tipo di penale in caso di mancata costruzione, e non sussiste nemmeno il rischio che l’opera rimanga incompiuta – non essendo ancora stato deposto e installato nemmeno un metro di binari.

Da un punto di vista strettamente giuridico i lavori destinati alla TAV sono perfettamente arrestabili, ma a sorvegliare la situazione dall’alto esiste una vera e propria galassia di poteri forti (composta da lobbies industriali e di varia natura) che ha tutto l’interesse affinché la linea ferroviaria venga realizzata il più in fretta possibile.

E sebbene il caso della Val di Susa sia il più noto e controverso, anche grazie ad una copertura mediatica molto attenta, queste dinamiche cominciano ad accomunare pressoché tutte le regioni d’Italia, dal nord al sud del Paese.

Il prossimo appuntamento concordato da tutti i movimenti contro le grandi opere inutili e dannose si terrà proprio l’8 dicembre, data ormai ricorrente e divenuta simbolica per la lotta a favore delle cause ambientali.

L’Italia è anche una delle nazioni nella quale si parla meno di emergenza climatica, una questione tuttora in cerca di contromisure adeguate ma che in Europa suscita più di un semplice interesse pubblico: lo testimonia il grande successo dei Verdi nelle ultime elezioni regionali in Germania, ad esempio, ma anche il buon risultato portato a casa da Jesse Klaver alle politiche olandesi lo scorso anno.

A supporto delle tesi promulgate sul piano politico dalle formazioni ambientaliste c’è l’ultimo report annuale dell’Ipcc, un panel di esperti dell’Onu che ha il compito di studiare effetti e cause del cambiamento climatico il quale, se non arginato al più presto, comporterà conseguenze irreparabili per la razza umana.

Mentre risposta delle destre sovraniste di tutto il mondo è intrisa di negazionismo e scetticismo, e numerosi partiti nazionalisti gridano alla “bufala”, ci si domanda quali siano le formule che rendono possibile conservare l’ambiente e allo stesso tempo creare occupazione e sviluppo.

Come spiega a Left Davide Marino, docente di Economia ambientale all’Università del Molise, “dobbiamo irrobustire questo legame tra capitale naturale, servizi ecosistemici e benessere umano nella vita di tutti i giorni. Dobbiamo far capire alle persone che la qualità della loro vita, il loro benessere, non solo dal punto di vista economico, dipende dalle risorse naturali”.

Quelle stesse risorse naturali la cui sopravvivenza è oggi messa a repentaglio, in Italia come ovunque, in nome di un fantomatico progresso che rischia di annientare il pianeta e l’uomo che lo abita.

Da domani in edicola. 

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